Ermetismo

Le Sacre Sorgenti

Le Sacre Sorgenti


 


La sacralizzazione delle sorgenti è universale giacché da esse sgorga l’acqua viva o l’acqua vergine. Per mezzo di loro si compie la prima manifestazione sul piano delle realtà umane, della materia cosmica fondamentale, senza le quali non potrebbero essere assicurate la fecondazione e la crescita della specie. L’acqua viva che queste spargono è come la pioggia, il sangue divino, il seme del cielo. L’acqua è il simbolo della maternità. Le sorgenti, nel loro aspetto metafisico, sono protette da diversi tabù. Presso i discendenti dei Maya Quichè dell’America centrale  per esempio, è proibito pescare in questi specchi d’acqua e anche tagliare i rami degli alberi che gli offrono ombra. L’acqua delle sorgenti è acqua lustrale, sostanza stessa della purezza. L’acqua possiede una memoria, è una matrice che trattiene immagini, informazioni utili. Tale aspetto non va trascurato. I Galli erano convinti che le sorgenti incarnassero delle divinità (o che vi dimorassero), la cui proprietà era quella di guarire le ferite e di rianimare i guerrieri morti. Se esaminiamo le Laminette orfiche, un breve poema esoterico, possiamo comprendere meglio l’importanza di questo prezioso elemento le cui fresche acque conducono coloro che si dissetano nel regno degli eroi. Non  bisogna confonderle però con le altre sorgenti. Lasciamo la parola al testo menzionato: “Tu troverai nella casa di Ade, a sinistra, una sorgente; accanto a essa si leva un cipresso bianco; fai attenzione a non avvicinarti a questa sorgente. Ne troverai un’altra, un’acqua fresca che sgorga dalla palude della Memoria; vi sono guardiani davanti a essa. Dì loro: io sono il figlio della Terra e del Cielo stellato; lo sapete bene anche voi. Sono assetato e muoio; datemi dunque subito l’acqua fresca che sgorga dalla palude della Memoria. Allora ti daranno l’acqua della sorgente divina e tu andrai in seguito a regnare fra gli eroi” (Frammento 32). L’acqua è il simbolo del grande sogno e in tutte le culture tradizionali la sorgente simboleggia l’origine della vita e, più in generale, di ogni origine: quella del genio, della potenza, della grazia e della felicità. La sorgente sgorga dalla palude della Memoria. Come non associare tale immagine all’inconscio? Fin dalla notte dei tempi la memoria era adorata come ricettacolo di ogni scienza e come già spiegato l’acqua possiede una capacità mnemonica. La Sorgente è la sorgente della conoscenza, madre di quel sapere che porta alla perfezione e che deriva dalla Memoria, luogo sacro della Sapienza.  Non a caso, quale sposa di Zeus, la Memoria è divenuta la madre delle Muse. Le acque della prima sorgente, quella in cui era posto un cipresso bianco, si possono identificare nel Lete (oblio). Secondo la tradizione, i trapassati che vi si abbeverano perdono ogni ricordo della vita anteriore, e quindi del percorso iniziatico intrapreso e delle conquiste raggiunte. La sorgente della Memoria, invece, preserva i ricordi e le formule del passato che sono necessarie per ricominciare la ricerca. La sorgente del Lete descritta nel testo orfico addormenta con il sonno della morte (perdita dei ricordi). L’altra, al contrario, assicura il risveglio immortale (capacità di ricordare). Colui che sceglie la Sorgente della Memoria è il figlio della Terra e del Cielo  stellato, ossia l’eletto degli immortali. Il simbolismo associato alla sorgente archetipa, secondo Jung, è da interpretare come un’immagine dell’anima in quanto origine della vita interiore e dell’energia spirituale. Per una volta possiamo essere d’accordo con il suo pensiero. Ecco, la Luce fulgida del primo barlume di un’alba interiore si palesa con sottili fili d’oro nel fulgore del ritorno che segue al risveglio. Nel libero fluire della mente l’ora del conscio si approssima, il grande sogno ci restituisce alla quotidianità di un vissuto che è frastuono, che è espressione del divino e della profanità in egual misura. L’antico sogno che conduce altrove si congeda, lascia riflettere sul senso delle cose, sulla caducità dell’umana ragione. Per gli indiani delle praterie la Sacra Pipa era un oggetto  rituale che, simile a un intermediario, originava un ponte invisibile tra l’umano e l’ultra umano, tra la materia e il grande sogno. La pipa, strumento di preghiera, era composto da un cannello (la parte maschile) e un fornello di pietra solitamente rossa o nera (parte femminile). Una volta uniti creavano la vita. Per questo motivo quando non era in uso la pipa veniva scollegata. Senza questo elemento rituale nessuna cerimonia era possibile. Osservando il fumo che sale e crea immagini si percepisce il messaggio del Grande Spirito, si interpretano i segni, si svelano i simboli. Il fumo, materia impalpabile, è il mezzo che ingenera l’estasi, lo stato di allocoscienza che trasporta nelle Verdi Praterie, nelle zone astralizzate in cui regna sovrano il grande sogno. Un debole raggio di Sole si insinua tra le imposte, il confine tra ombra e luce si sta dissolvendo per fare posto alla luce di un nuovo giorno. Mi tornano in mente i concetti immortali di Epicurus che così scriveva: “Vi sono infiniti mondi simili e dissimili dal nostro. Poiché gli atomi essendo di numero infinito, come già dimostrato, sono prodotti lontano nello spazio. Poiché quegli atomi che sono di tale natura che un mondo potrebbe essere creato o fatto da essi, non sono stati impiegati né in un mondo né in un limitato numero di mondi…Così che non esiste un ostacolo all’infinito numero di mondi”.      


 


 


Articolo di Stefano Mayorca apparso sulla rivista Elixir. Studi della Tradizione Iniziatica e Arcana (Edizioni Rebis, Viareggio)