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Magia e Alchimia |
Mosè e la magia segreta dei Magi |
Mosè il Mago del deserto incantato:la Magia segreta dei Magi
di Stefano Mayorca pubblicato su Hera Miti, leggende, verità sepolte nelle spire serpentiformi dell’antico guardiano del tempo, colui che, custode del sapere, rianima il pensiero e il pensiero diviene vita. Leggende e verità che si fondono nel crogiuolo delle remote dottrine, che da sempre hanno infuso Conoscenza e sapienza alle civiltà del passato. Sarebbe meglio dire che, attraverso il sapere celato, le civiltà antiche hanno influenzato per mezzo della tradizione primigenia ogni cammino metafisico dell’avvenire. Simboli che si rincorrono per suggellare con un linguaggio ardente, a volte oscuro, il patto d’alleanza con il Dio interno, Genio, Maestro, Signore delle regioni inconsce, che mediante il risveglio divengono coscienti, consapevoli, ridestate. Nelle acque buie che scorrono silenti, si affaccia alla vita il rinato, l’uomo che ha vinto le onde dell’energia magnetica e magnetizzante. Colui che è stato tratto in salvo dalle acque dell’oceano…Quale oceano? E’ il mare magnum astrale e astralizzante, questo il senso riposto della metafora biblica legata con cordone ombelicale d’argentea e aurea luce a Mosè, il mago potente che creò, il Dio, si, il Dio. Terribile segreto che serpeggia tra le dune del deserto incantato, che il sapiente attraversò per purificarsi dalle scorie graveolenti della corrente volgare e profana. Magia divina che Moses riuscì a convogliare e usare per dare vita all’Arcano, il prodigio che per secoli avrebbe condizionato tutte le religioni, che fu scambiato dagli stolti per misticismo. Si trattava di incantamento, invece, delle magiche e invisibili arti dei Magi. I magi presiedevano alle cerimonie religiose, interpretavano i presagi e i sogni, studiavano l’astrologia. Erano i consiglieri del re e si incaricavano dell’educazione dei principi di sangue regale. I tre saggi provenienti dall’Oriente, che portarono doni a Gesù Bambino, erano dei Magi e il magio è stato ed è una figura di grande prestigio. La parola magia, non a caso, deriva dal termine greco mageia, riconducibile per l’appunto ai Magi, sacerdoti appartenenti alla religione di Zoroastro (o Zaratustra), connessa con il Fuoco Sacromagico-sacerdotale, ed era il più potente di tutti i sapienti, superò persino sé stesso, e fondò una dinastia inestinguibile. Egli non era ebreo (o giudeo), come vuole il racconto narrato nell’Antico Testamento, ma egizio. Presso i sacerdoti della Terra di Kemi (terra nera), studiò e apprese i misteri del Grande Arcano. La leggenda che lo vede abbandonato sulle acque del Nilo - che simboleggia la Via Lattea - allude alla capacità del vero iniziato di discendere nelle profondità del mare astrale e di risalire a piacimento verso la superficie e la Luce. Tale potere è ben simboleggiato dal segno dei pesci dei primi cristiani - in effetti è molto più antico - e dai delfini, che spesso, nei ruderi alteri della Roma Imperiale sono ancora visibili. Questa abilità speciale indica oltre a ciò la possibilità di dominare e dirigere a piacimento le correnti astrali-magnetiche. La Via Lattea rappresenta, tra gli altri significati, l’origine cosmica del sapere e la sacralità del liquido amniotico occulto, in cui la vita si anima e viene partorito l’Hermes vivificatore. Questo il Mistero della nascita occulta, che gli iniziati profanatori pagavano con la vita qualora avessero svelato l’arcana dottrina della vita e della morte. Un monito che vale ancora oggi: chi esce da un ordine iniziatico e tradisce merita la morte: “Ma se era già morto alla vita profana”, si chiederà qualcuno, “quale altra morte può colpire l’iniziando delatore, se viola il Segreto dei segreti?”. Non si tratta di una morte fisica, rispondiamo, ma di una non vita in cui la centralità luminosa viene a disgregarsi e la vergogna per avere tradito compie il resto dell’opera. E’ proprio in Egitto che la magia si completa come scienza universale e si concreta in veste di dogma perfetto. Nulla è al pari della vera dottrina ermetica, come prova la celebre Tavola di Smeraldo attribuita al grande, anzi Tre volte Grande Ermete Trismegisto. Nella Tavola è scritto: “Il Sole è suo padre, la Luna sua madre, il vento l’ha portato nel suo ventre”. Queste parole sono rapportabili all’Agente creatore, al Fuoco pantomorfo, mezzo elettivo del potere occulto: la Luce astrale. Il possibile utilizzo di questa forza racchiude il Grande Arcano della magia pratica. essa deve considerarsi un agente misto che incorpora in sé due aspetti che si espandono all’infinito: uno naturale e uno divino, uno corporale e uno spirituale, un mediatore plastico universale e un ricettacolo comune delle vibrazioni del movimento e delle immagini della forma. Tale fluido può essere identificato con l’immaginazione delle natura. Attraverso questa forza tutte le terminazioni nervose comunicano contemporaneamente, all’unisono, per così dire. Una forza che trascendendo l’umano si promana dal mondo nascosto delle cause. (o Fuoco cosmico), promulgata dall’illuminato della Persia. Anche Mosè faceva parte di questa casta La Magia delle magie: il secreto di Mosè
In origine, i maghi del faraone producevano i medesimi prodigi di Mosè, dunque si servivano dello stesso strumento operativo. Tuttavia, quando il grande magio li vinse, i sapienti egizi si resero conto che Mosè doveva possedere qualcosa di sovraumano. Per comprendere a fondo quanto affermato dobbiamo riportare alla mente alcuni eventi connessi con la tradizione biblica legata ad Adamo. Come sappiamo egli ebbe tre figli: Caino, Abele e Seth. Caino simboleggiava la forza bruta, Abele, al contrario, la forza intelligente. I due fratelli rappresentavano nel simbolo ermetico le due colonne del tempio salomonico, Jakin e Bohas. Seth, invece, configurava l’iniziazione originaria, per tale motivo, nella narrazione dell’Antico Testamento è l’unico che riuscirà ad avvicinarsi alle soglie del Paradiso. Quando fu prossimo al Regno Celeste, vide che l’Albero della Conoscenza e quello della Vita si erano uniti divenendo una cosa sola (accordo della scienza e della religione nell’alta Cabala). L’Angelo Guardiano del Paradiso consegnò a Seth tre grani (ternario cabalistico) che contenevano tutta la forza vitale di questa pianta. Quando morì Adamo, Seth, seguendo le istruzioni dell’Angelo, inserì i semi nella bocca del padre appena spirato, come pegno di vita eterna. Quei semi fruttificarono e diedero vita ai rami che costituivano il Roveto Ardente. Mosè prelevò dal roveto un triplice ramo e con esso fabbricò la Verga di Potere (volgarmente detta bacchetta magica o dell’arte). Ecco l’arma magica e possente, produttrice di straordinarie meraviglie, che il sommo Ierofante utilizzava per rendere concreta la sua volontà. Nonostante fosse stata separata dalla radice, questa verga non cessò il suo corso vitale, continuò a fiorire e fu posta all’interno dell’Arca. David, il monarca che aveva ucciso il gigante Golia, piantò nuovamente questo ramo vivente sulla montagna di Sion e successivamente Salomone, il mitico re, prese il legno dell’albero dal triplice tronco e lo utilizzò per costruire le due colonne templari, Jakin e Bohas. La verga, scettro del potere ed estensione volitiva del mago, incarna il fallo fecondante che infonde la vita e insemina la materia che deve essere vitalizzata. Quando Aronne si serviva del magico bastone, era la volontà di Mosè che agiva per mezzo della verga, manifestando il suo potere. Le correnti femminee e mascoline erano interagenti tra loro ed egualmente distribuite all’interno dello scettro. Il suo magnetismo o elettro fondeva in sé energie diverse che sottendevano ad una forza primordiale e remota. L’Eggregore di Mosè: il Dio degli EsercitiL’aspetto più riposto e maggiormente pregnante della magia mosaica è legato alla creazione di quella energia intelligente, o entità cosciente che interagiva con il mago egizio e la cui esteriorizzazione, per mezzo dell’Eggregore, determinava un potere inimmaginabile. Il fulcro eggregorico che sostanziava manifestazioni preternaturali era al centro di tutte le operazioni e azioni dimostrative compiute da Mosè. L’Eggregore è una forma di vita sottile, un ente collettivo e cosciente che di norma viene reso vivo mediante vivificazione magnetica. Nelle Scuole d’impronta esoterica-iniziatica, questo elemento intelligente è l’anima stessa di tutta la catena magica, il fulcro dell’intera ritualità e vertice della piramide che conferisce potere alla cerchia iniziatica. Mosè aveva creato da solo, con una capacità sorprendente, questa deità praticamente onnipotente. Il suo tirocinio, durato lunghi anni, presso i Magi dell’Egitto, lo avevano reso edotto sui misteri della magia. Egli, al pari di Zoroastro, fu il fondatore di una religione che si diffuse a macchia d’olio. La Cabala, o tradizione dei figli di Seth, portata da Abramo dalla Caldea, introdotta da Giuseppe al sacerdozio egiziano, raccolta e depurata da Mosè, velata nuovamente mediante simboli nella Bibbia, era lo strumento realizzante che Mosè utilizzò per generare il Dio. Molti iniziati all’ermetismo operativo sono concordi nell’affermare che fu proprio Mosè a dare vita al Dio dell’Antico Testamento e a nutrirlo poi, con l’energia magnetica del popolo di Israele che lo venerava. Attraverso la preghiera e le pratiche religiose da lui stesso promulgate, l’Eggregore-Dio prendeva forma e vita, e si espandeva acquistando sempre maggiore potere. Ciò spiega perché egli proibì il culto delle immagini. Infatti, qualunque forma finita imprigiona l’eggregore e la divinità. Come è noto, tra gli Ebrei, ancora oggi non esiste nessuna raffigurazione dell’Antico di Giorni (Dio). Mosè conosceva bene i meccanismi e le dinamiche di esternazione, le leggi del moto e della vita, dell’azione e della reazione e prevedeva facilmente gli effetti scaturenti dalle cause. La creazione, a questo riguardo, è l’atto del magismo divino continuo ed eterno. Quando il profeta-mago condusse il suo popolo fuori dalla terra d’Egitto, si dice che gli Ebrei si appropriarono dei vasi sacri degli Egizi. Si tratta in realtà di una metafora, giacché i vasi menzionati rappresentano i segreti relativi all’alta scienza egizia appresa da Mosè alla corte del Faraone, confermando le conoscenze indicibili che aveva accumulato. L’idolatria, che aveva dato un corpo ai sacri geroglifici, venne combattuta dal Patriarca perché questi simboli racchiudono tuttora i segni venerati nell’ambito della rivelazione primitiva. Mosè si servì delle immagini sacre adattandole magistralmente al culto dell’unico Dio, sfrondandole dalla superstizione e dalla concezione profana che ne sviliva il senso più autentico. Secondo i principi della Cabala, non viene attribuita a Dio una figura umana, ma una immagine di ordine geroglifico. Questa entità, in base a tale visione, è rapportabile a ciò che potremmo definire l’infinito intelligente che ama e vive. Viene da chiedersi a questo punto, se l’Ente evocato dal grande Patriarca fosse una creatura larvale. Come è noto a chi pratica magicamente, esistono degli spiriti elementari che attraverso la coagulazione fluidifica, ottenuta mediante proiezione della luce astrale, possono essere evocati. Queste vite sottili sono legate alla luce generatrice. La luce è l’agente efficiente delle forme e della vita perché è al contempo movimento e calore. Quando la luminosità magnetica giunge a polarizzarsi e a fissarsi attorno a un punto centrale, produce un essere vivente. In seguito, perfezionandosi, queste similinature assumono sostanza plastica. Gli spiriti elementari sostengono i cabalisti nelle loro opere segretissime, sono i figli della solitudine di Abramo, nati da suoi sogni, quando anelava alla donna che Dio non gli aveva ancora dato. Paracelso, invece, diceva che il sangue perduto sia in modo normale che a livello onirico dai celibi dei rispettivi sessi, popola l’atmosfera di fantasmi. Le larve hanno un corpo aereo formato dal vapore del sangue. Per questa ragione sono attratte dal sangue sparso e si nutrivano un tempo dei fumi che si levavano durante i sacrifici. Gli orridi figli di questi accoppiamenti impuri, in passato venivano chiamati succubi e incubi. Quando sono abbastanza condensati per rendersi visibili, si manifestano come vapore colorato dal riflesso di un’immagine. Non possiedono una esistenza propria, ma imitano la vita di colui che li evoca come l’ombra imita e segue il corpo. Da questa breve disamina si evince che l’Ente vivificato da Mosè non era una larva, ma un Essere supremo. Si comprende così come le numerose prescrizioni religiose imposte dal Salvato dalle acque fossero finalizzate a mantenere il più possibile pura l’essenza e la centralità di questa forma-pensiero, che aveva assunto vita propria. Nel Libro Sacro scritto da Mosè colpisce la descrizione che viene data del Paradiso Terrestre, esso, infatti, forma una figura pentacolare (Stella fiammeggiante). Quattro fiumi che formano una croce, inoltre, bagnano questo luogo idilliaco. Vi sono poi due alberi (della Vita e della Conoscenza, precedentemente citati), e attorno all’Albero della Scienza si attorciglia il serpente di Asclepio (Esculapio) e di Hermes, mentre ai piedi dello stesso si trovano l’Uomo e la Donna (attivo e passivo, intelligenza e amore). La duplice natura del Dio è ben espressa nel simbolo del Caduceo Mercuriale, da poco descritto, nel quale le due correnti, femminea e mascolina, assumono le sembianze di due serpi avvolte allo scettro di Mercurio. Ci riferiamo al principio femminile irradiato dal principio maschile, la Gloria del Signore, la Shekinah, che nel suo aspetto visibile appariva come una nube luminosa intorno al Tabernacolo. La volontà mosaica è racchiusa nelle Tavole della Legge, i Dieci Comandamenti, espressione del Verbo Onnisciente che parlava al profeta e si mostrava attraverso i numerosi prodigi. Il Dio degli Eserciti apparve nel deserto formando una colonna di fuoco che ardeva e si levava verso l’alto. Mosè, l’illuminato-mago, era ormai immortale e la sua creazione gli sarebbe sopravvissuta, oltre le regioni temporali e atemporali, al di là del tempo e dello spazio.
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