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Ermetismo |
Il lungo sonno dell’anima: la notte prima del risveglio |
di Stefano Mayorca
Quando nella luce di un attimo apparentemente infinito la vita si sostanzia, si manifestano condizioni peculiari e secretate che sottendono ai misteri stessi dell’incarnazione. Misteri che solo pochi iniziati, avanti nel cammino, conoscono e sono riusciti a penetrare. In questo articolo cercheremo, per quanto ci è concesso svelare, di portare alla luce alcuni elementi sconosciuti al grande pubblico ed acquisiti nel corso di un lungo iter iniziatico. Non diremo tutto, perché legati a un giuramento indissolubile, ma quel tanto che basta affinché si possa riflettere su quanto andremo a trattare. Cominceremo con la parte più nota connessa ai misteriosi cunicoli dell’animo umano e delle sue dinamiche occulte che, lontano dall’essere comprese e dipanate, celano segreti impenetrabili. Nella cultura orientale il principio vitale è denominato Atman ed è riconducibile alla filosofia misterica degli Orifici, dei Pitagorici e a Platone, che in una delle sue opere più importanti, il Timeo, parla di questa sostanza eterea denominandola Mègale Psiychè (Grande Anima). Tale concezione si fa risalire, tra l’altro, all’Ilozoismo Arcaico (dal greco hile = “materia”, e zoè = “vita”). I’Ilozoismo è una dottrina che concepiva la materia come una forza dinamica vivente, racchiudente in sé stessa animazione, movimento, sensibilità, tutto questo senza l’intervento di principi vivificatori esterni. All’Ilozoismo si rifacevano anche sapienti del calibro di Tommaso Campanella, di Giordano Bruno e persino del teologo Bernardino Telesio. La credenza che sanciva questo corpus filosofico decretava l’esistenza di un sostrato materiale, di per sé inerte, ricevente vita e movimento da due forze materiali: il caldo e il freddo. Non ci inoltreremo in questa sede nell’analisi delle valenze alchimiche che tale teoria nasconde al suo interno, tuttavia esse sono tangibili. L’Ilozoismo, inoltre, vedeva il mondo alla stregua di un grande animale e Platone, a riguardo, estrapola da tale visione l’immagine simbolica conosciuta come Anima Mundi infusagli dal Demiurgo (connesso alla dottrina degli Gnostici), il quale impregna il cosmo e lo vivifica. Attraverso la corrente Neoplatonica promulgata da Plotino (Egitto, 205 - Minturno, 270), uno dei maggiori filosofi greci dell’antichità, erede di Platone e padre del Neoplatonismo, si concreterà una ulteriore espansione della filosofia platonica. La dottrina di Plotino si incardina nel contesto del “vivere essenziale” (Unità), o Ipostasi, (prima Realtà sussistente). L’Uno, da questo punto di vista, non può contenere alcuna divisione, molteplicità o distinzione. Tale concezione implica che l’Uno sia necessariamente trascendente, al di là di ogni cosa e dei concetti che ne scaturiscono. Parmenide, al quale Plotino in un certo qual modo si rapportava, egualmente aveva individuato nell’Unità l’attributo primario dell’essere. Plotino, che si considerava l’erede naturale di Platone, tentò di dare un ulteriore impulso a questo postulato ampliando al contempo le idee platoniche, conservando però il concetto di eros e dialettica. Rispetto alla teoria del principio Primo, Platone aveva immaginato che all’inizio del Tutto vi fosse una duplicità, tentando in tale maniera di dare una spiegazione razionale al molteplice. Plotino, al contrario, era convinto che la dualità accentrasse in sé una forte contraddizione. La duplicità, infatti, secondo il suo il punto di vista, andava collocata all’interno dell’intelletto, da lui identificata anche con l’essere parmenideo. Il filosofo, dunque, poneva l’Uno al di sopra dell’essere, distinguendosi in questo tanto da Parmenide che da Aristotele e Platone. Successivamente, Marsilio Ficino riporterà in auge il Neoplatonismo affrontandone i caratteri salienti di ordine ermetico-iniziatico. Scriveva Ficino: “L’anima è tale da cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori…Per istinto naturale , sale in alto e scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando scende, non abbandona le cose sublimi, infatti, se abbandonasse un estremo, scivolerebbe verso l’altro e non sarebbe più la “copula del mondo”. La Copula mundi è l’anima razionale che ha sede nella terza essenza, possiede la regione mediana della natura (oblinet naturae mediana regionem), e tutto connette in un’unità. La sua opera unificatrice è resa possibile dall’amore, inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui”. Nella descrizione ficiniana non sfugge un chiaro riferimento alla Tabula Smaragdina, Tavola di Smeraldo o Smeraldina del tre volte grande Ermete Trismegisto. In effetti, quando afferma che l’anima va verso il basso e torna verso l’alto, allude al noto postulato di trismegistica memoria: “Ciò che sta in Basso è come ciò che sta in Alto, e ciò che sta in Alto è come ciò che sta in Basso, per creare il mistero della Cosa Unica”. Non è tutto. L’ascensione e discesa dell’anima riporta alla mente il sogno di Giacobbe, che vide gli angeli salire e discendere da una scala che si inerpicava verso il cielo, lo spazio, l’infinito. In realtà, questa immagine dai contorni religo-sacrali cela una verità dalle valenze prettamente ermetiche ed è connessa con la duplice corrente femminea e mascolina, simbolicamente rappresentata nel celebre Caduceo ermetico-mercuriale nel quale sono raffigurate due serpi ravvolte, una nera e l’altra rossa, elementi del maschile e del femminile e delle energie sessuali. Il Mercurio, alchimicamente inteso, incarna l’energia realizzatrice legata al Genio interiore, all’ispirazione trascendente e alla sostanza sottile del veicolo mercuriale (Corpo di Mercurio). L’Amore di cui parla Ficino è, naturalmente, l’Eros (da Eroe o Heroe = Heros), che per il grande filosofo era il punto d’unione, il tramite attraverso cui si generava il contatto fra il mondo sensibile e il piano Intelligibile. Tuttavia è necessario chiarificare a riguardo che l’eros va inteso anche come propellente in grado di mettere in libertà le energie magico-megnetiche del mago. Così, mediante la copula magica, l’alchimista si riappropria della corrente espressa dal Sacro Femminino e in questa unione (Nozze alchimiche), o Amore erotico-magico, si fondono gi opposti dando vita all’androginia, Stato attivo di Fuoco, ben espresso nel simbolo del Rebis – alchimico, creato dall’alchimista Basilius Valentius (Basilio Valentino), e inserito nella sua splendida opera Il Carro Trionfale dell’Antimonio. Nella filosofia ficiniana, tutti i campi dell’orizzonte metafisico e della realtà immaginativa si congiungono, riunendo in un’unica scienza, magia, astrologia, alchimia, ermetismo e teologia. Nascono in tal modo termini quali Pia philosophia o Teologia platonica. Non dimentichiamo che Marsilio Ficino ebbe modo di leggere e tradurre, su incarico di Cosimo dè Medici, testi di grande valore documentale e sapienziale, per esempio, il celeberrimo Corpus Hermeticum, portato in Italia dalla Macedonia, a quanto si dice, da Leonardo da Pistoia. Non a caso, nella dedica a Cosimo, Ficino enunciava: “Ermete Trismegisto per primo, disputò con grandissima sapienza la maestà divina, della gerarchia degli spiriti (daemonum ordine), della trasmigrazione delle anime. Per primo fu chiamato teologo: lo seguì, secondo teologo, Orfeo, poi Aglaofemo, Pitagora, Filolao, maestro del nostro divino Platone”. Ficino, dunque, era convinto dell’esistenza di una antica e unitaria tradizione teologica (Priscae Theologiae undique sibi consona secta), che nasce con Ermete e culmina con Platone. Questa, in sostanza, la Pia filosofia, antitetica, ovviamente, alle vedute di un pensiero impregnato di ateismo e materialismo. Questa tesi si proponeva di sottrarre l’anima dagli inganni dei sensi e dalla fantasia illusoria (MAYA), per elevarla al comparto mentale.
Il segreto dell’anima e dell’embrione
nella sapienza ermetica celata
Nella cultura cattolica, o se vogliamo marcatamente cristiana, è opinione diffusa e accettata che ogni uomo possiede un’anima immortale, che sopravvive alla fine del corpo fisico. Nel contesto iniziatico di matrice ermetica, a livelli elevati, si perviene alla conoscenza di un terribile secretum concernente la vera origine dell’anima e delle sue dinamiche riposte. L’iniziato di grado superiore è ben edotto sulla realtà animica e sa che da secoli viene spacciata per vera una verità fittizia che, come spiegato, pretende di unificare tutti gli esseri viventi dotandoli di un’anima trascendente. Premesso che la Chiesa fino a tempi relativamente recenti negava che la donna possedesse un principio spirituale (in poche parole non aveva anima), possiamo affermare con cognizione di causa che non tutti gli esseri umani vengono al mondo provvisti di tale principio intelligente. Questa è la spaventosa realtà. Solo il risvegliato, colui che vive in maniera consapevole e cosciente, svilupperà un’anima evoluta ed eterna. Attraverso un lunghissimo lavoro di epurazione delle sostanze grevi, la materia sottile si ridesterà e fiorirà per librarsi e partecipare della creazione. L’individuo gretto, avvolto da una materialità graveolente, non potrà mai far sorgere in lui tale forma sottile di intelligenza intelligibile e feconda. Forse, in determinati soggetti, esiste in embrione una parvenza quasi atrofizzata di questo afflato spirituale, ma avvolti dalla corrente volgare, pressati da condizionamenti di ogni genere, non sono capaci di sostanziarne le manifestazioni. La passività, il lasciarsi vivere, la non consapevolezza, la mancanza di coscienza che riunifica al Dio interno, sono le principali cause che ne impediscono lo sviluppo. Nelle antiche classi sacerdotali dell’Egitto e di altre luminose civiltà del passato, l’anima era paragonata al bozzolo del baco da seta. Al suo interno, il bruco si trasformava lentamente, gradualmente. Infine, terminata l’opera (Grande Opera alchimica), da esso fuoriusciva la splendida farfalla, l’anima nata e risvegliata. A tale scopo l’iniziato lavora, cosciente di materializzare nel tessuto eterico-sottile, la sostanza primigenia che conduce alla costruzione dell’anima o resurrezione. La farfalla ora è totalmente in luce, libera di involarsi verso le ascose cime dell’Assoluto. La Magum Opus è compiuta, la voce del Genius, del Nume, si fa udire all’animo predisposto di chi ha superato la profanità. Ecco il grande inganno perpetrato per lungo tempo dalla compagine religiosa, che ha fatto credere ai meno predisposti che esiste una eguaglianza spirituale, un’anima individuale a prescindere l’evoluzione personale e il bagaglio carmico, facendoli vivere nell’errore. Il Cristo ha sottolineato il senso di quanto descritto con queste parole: “Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”. Chi ha orecchie intenda. Vogliamo concludere con dei versi, parole intramontabili che il grande imperatore Adriano, un pagano, scrisse, pare, in punto di morte, e che sono incise all’entrata del suo mausoleo funebre (oggi Castel Sant’Angelo).
“Piccola anima smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora t’appresti a scendere
in luoghi incolori, ardui e
spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti.
(Adriano) |